Nei pazienti con immunodeficienza combinata severa legata al cromosoma X (SCID-X1) la terapia genica eseguita ex-vivo con vettori retrovirali permette una ricostituzione immunitaria a lungo termine ma comporta un alto rischio di sviluppo di leucemie acute (LA). Questi i risultati di un’analisi (Hacein-Bey-Abina S et al. N Engl J Med, 2010, 363:355-64) del follow-up a lungo termine (fino a 11 anni) di 9 pazienti con SCID trattati con il trasferimento retrovirale della common γ-chain del recettore per l’IL2 nei progenitori emopoietici.
I 9 pazienti, sprovvisti di un donatore HLA-compatibile, sono stati trattati a un’età mediana di 7 mesi (range: 1 – 11) fra il 1999 e il 2002 presso l’Hopital Necker − Enfants Malades di Parigi con un’infusione di cellule midollari CD34+ trasdotte con un vettore retrovirale contenente la γ-chain. La terapia è stata efficace nel correggere l’alterazione immune in 8/9, con la persistenza di cellule T trasdotte fino a un massimo di 10,7 anni dopo il trattamento. Cellule B trasdotte non sono state rilavate in nessun paziente da 6 a 10 anni dopo il trattamento. Tutti i pazienti hanno avuto una crescita normale e non hanno presentato infezioni opportunistiche. Tuttavia, una leucemia acuta linfoblastica a cellule T è insorta in 4/9 pazienti, provocando il decesso di un paziente.
«Questi dati confermano la possibilità di ottenere una correzione a lungo termine del fenotipo difettoso nei pazienti con SCID con una terapia genica ex-vivo», commentano gli autori. «Tuttavia, il rischio di sviluppare una condizione maligna legata all’uso di un vettore retrovirale contenente una sequenza enhancer di long terminal repeats non può essere ignorato. Complessivamente, la mortalità in questo studio è stata dell’11% (1 paziente deceduto per leucemia acuta), che può essere ancora paragonata favorevolmente con il 33% di mortalità complessiva osservata in uno studio successivo in cui i bambini senza donatore HLA-compatibile sono stati trattati con trapianto allogenico aplo-identico».