Studi recenti indicano che il rischio di complicazioni tromboemboliche nei pazienti con emopatie maligne è notevolmente alto. L’incidenza di eventi trombotici nei pazienti adulti con linfoma e l’identificazione delle sottopopolazioni di pazienti maggiormente a rischio sono stati lo scopo di una metanalisi (
Caruso V et al. Blood, 2010, 115:5322-8) condotta su 18 articoli scientifici per un totale di 18.018 pazienti e 1.149 eventi.
L’analisi ha dimostrato che nei pazienti adulti affetti da linfoma il tasso di incidenza (IR, incidence rate) globale è pari al 6,4% (95% CI: 6,0%-6,8%), con una netta prevalenza degli eventi venosi su quelli arteriosi (5,3% verso 1,1%, rispettivamente). I pazienti con linfoma non-Hodgkin appaiono esposti a un rischio significativamente maggiore rispetto a quelli affetti da linfoma di Hodgkin (IR: 6,5% verso 4,7%, rispettivamente). Inoltre, l’incidenza di complicanze trombotiche è risultata particolarmente alta nei casi di linfomi non-Hodgkin ad alto grado di malignità (8,3% verso il 6,3% dei pazienti con linfomi a basso grado). Da sottolineare che il 95% degli eventi analizzati ha avuto lungo durante il trattamento della malattia, rendendo impossibile distinguere fra effetto trombogenico delle terapie ed effetto del linfoma in sé.
Fra i potenziali fattori di rischio trombogenici nei pazienti con linfoma, gli autori indicano la compressione da parte delle masse linfomatose, l’associazione con fattori ereditari trombofilici, la presenza di anticorpi antifosfolipidi e l’essere portatori di CVC, sebbene nessuno di questi fattori sia stato analizzato nella metanalisi.
«La comparsa di complicazioni trombotiche nei pazienti con emopatie maligne ha implicazioni importanti, fra le quali la necessità di trattamenti anticoagulanti, il possibile ritardo nella somministrazione della terapia e una ridotta qualità della vita», scrivono gli autori della ricerca. «Tuttavia, la profilassi antitrombotica può essere associata con un aumentato rischio di sanguinamento e implica costi terapeutici addizionali. Per questo crediamo che i nostri risultati possano aiutare nel definire meglio le sottopopolazioni di pazienti con linfoma maggiormente a rischio trombotico, nei quali un approccio profilattico possa essere di effettivo beneficio».